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Il Sutra degli scacchi

Un giorno, un giovane discepolo, tormentato dal dubbio, si recò dal Maestro, s’inchinò davanti a lui e gli pose questa domanda: “Venerabile Maestro, noi siamo totalmente liberi nelle nostre scelte e nelle nostre azioni oppure – come sembra – l’ambiente ci condiziona e le abitudini ci vincolano? Ma allora, in questo secondo caso, che significato avrebbe la legge del karma? Se non avessimo alcuna libertà, non potremmo neppure ritenerci responsabili delle nostre azioni!”


Il Maestro non rispose direttamente alla domanda, ma raccontò questo aneddoto:


«Tu sai quanto io sia appassionato al gioco degli scacchi: è un passatempo intelligente che affina la prontezza e l’acume mentale. Anche tu lo conosci e lo pratichi spesso. E allora saprai che, quando la partita ha inizio, il primo giocatore ha una vastissima possibilità di mosse: è praticamente libero di compiere qualsiasi mossa che la sua volontà gli detta. Può trattarsi di una manovra intelligente come pure di una mossa infelice: comunque, essa dipende in ogni caso da una sua libera scelta.


Poi la partita prosegue, con l’intervento dell’altro giocatore – che spesso è una reazione a quella mossa iniziale. E si continua così. Ora, se osserviamo quel primo giocatore quando il gioco è già stato avviato, ci accorgeremo che quella libertà quasi assoluta non c’è più: adesso la possibilità di muovere le proprie pedine – al fine di vincere la partita – è limitata, ma ciò dipende dalle mosse che egli aveva fatto liberamente e volontariamente all’inizio.»


Detto questo, il Maestro tacque. E il discepolo – che l’aveva ascoltato attentamente – esclamò: “Ben detto, o Venerabile! ben detto!” e se ne andò, soddisfatto della risposta.


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